La colposcopia è un esame specialistico ginecologico di secondo livello, eseguito cioè su indicazione di un altro medico. Attraverso uno strumento ingranditore chiamato appunto colposcopio, si cercano delle modificazioni a livello delle superfici di collo dell’utero, vulva e vagina. Impregnando i tessuti con specifici innocui reagenti, il ginecologo sarà in grado di valutare in quali aree si sono manifestati gli effetti dell’HPV, dove eventualmente effettuare una biopsia mirata, prelevando un piccolo campione di tessuto da sottoporre all‘esame istologico. Solo un’accurata analisi isto-immunochimica condotta da un anatomopatologo potrà confermare o meno la presenza di eventuali lesioni precancerose o maligne.
Come si cura l’infezione da HPV?
Contrarre l’HPV non equivale a sviluppare un tumore, anzi come già detto, la maggior parte delle modificazioni cellulari provocate dall’HPV si risolve spontaneamente in un lasso di tempo variabile, per alcune donne in pochi mesi, in circa un anno nella la metà dei casi e per oltre il 90% dei casi in due anni, grazie all’attivazione dei nostri anticorpi del sistema immunitario.
Se le lesioni persistono a seconda del tipo di lesione si interviene in modo specifico
- verruche cutanee: (causate da HPV 4) possono essere trattate con soluzioni topiche a base di acido salicilico o acido tricloroacetico o con creme ad azione antivirale, oppure essere rimosse con trattamenti chirurgici locali (diatermocoagulazione, laserterapia, crioterapia);
- condilomi genitali: (causati da HPV 6 e 11) possono essere trattati con creme specifiche a base di immunostimolatori oppure rimossi tramite asportazione, diatermocoagulazione o laser vaporizzazione.
- lesioni precancerose della cervice: (causate da HPV 16,18, 31, 33 45, 52, 58, etc) vengono rimosse con asportazioni parziali del collo dell’utero (leep /conizzazione cervicale), permettendo alla donna di mantenere inalterate le capacità riproduttive e impedendo così la progressione verso il tumore invasivo.
- Le forme tumorali localizzate nell’orofaringe vengono rimosse chirurgicamente. Solo i tumori più grossi e diffusi possono richiedere radioterapia o chemioterapia.
Il vaccino per la prevenzione dell’infezione da HPV
L’uso del profilattico durante il rapporto sessuale può ridurre la possibilità di contagio, ma non la elimina del tutto: il preservativo non è in grado di coprire tutte le aree di contatto durante un rapporto e dal momento che la trasmissione virale avviene proprio per contatto tra mucose e cute non è considerato uno strumento di prevenzione dell’infezione da HPV.
Oggi perciò si considera la vaccinazione l’unica forma di prevenzione dall’infezione. A infezione avvenuta solo la diagnosi precoce di eventuali modificazioni sia attraverso una valutazione specialistica ginecologica, sia con lo screening permette di gestire celermente le patologie preneoplastiche o neoplastiche.
Il vaccino previene l’infezione virale di gran parte dei sierotipi oncologicamente più aggressivi. Il vaccino contro l’HPV è di ultima generazione: non contiene i virus interi attenuati o inattivati, ma solo proteine in grado di provocare una risposta immunitaria. Poiché non contiene materiale genetico, non può infettare le cellule né replicarsi. È efficace se somministrato prima che l’organismo sia entrato in contatto con il Papilloma Virus, quindi generalmente prima dell’attività sessuale.
Oggi viene somministrato il vaccino nonavalente Gardasil 9 che immunizza contro i sierotipi 6, 11 (responsabili di oltre il 90% dei condilomi ano-genitali), e i sierotipi 16, 18, 31, 33, 45, 52, 58 (responsabili di oltre il 98% di tutte le lesioni pre-cancerose e delle neoplasie che colpiscono il collo dell’utero, la vulva, la vagina e l’ano). Le modalità di somministrazione del vaccino Gardasil 9 sono in accordo con le raccomandazioni ufficiali dell’EMA e della Comunità Europea ma alcune modalità possono variare in ogni singolo Stato.
In Italia è previsto nella schedula vaccinale di maschi e femmine dal 2018 e la vaccinazione è offerta gratuitamente a partire dagli 11 anni di età.
Al momento della prima iniezione può essere somministrato secondo una schedula di vaccinazione a 2 dosi, con la seconda dose di vaccino somministrata tra i 5 e i 13 mesi dopo la prima.
Negli individui di età pari o superiore a 15 anni al momento della prima iniezione Gardasil 9 può essere somministrato secondo una schedula di vaccinazione a 3 dosi (0, 2, 6 mesi). La seconda dose va somministrata almeno un mese dopo la prima dose e la terza dose va somministrata almeno 3 mesi dopo la seconda dose. Tutte e tre le dosi devono essere somministrate entro un periodo di un anno.
Si tratta di un vaccino sicuro (proprio per la sua struttura priva di particelle virali), la cui somministrazione può determinare per lo più dolore, rossore e gonfiore e prurito nella zona di iniezione. Come per tutti i vaccini è possibile, ma raro, che si verifichi l’eventualità di reazioni allergiche anche gravi.
Chi negli anni passati è stato vaccinato con il vaccino bivalente (Cervarix): solo per i sierotipi 16 e 18 o il vaccino quadrivalente (Gardasil 4) per i sierotipi 6, 11, 16, 18, non deve secondo le regole attuali sottoporsi ad alcun richiamo con il nuovo vaccino.
Oggi è in corso da parte di Regione Lombardia un’azione di richiamo per le donne sotto i 28 anni che per svariati motivi non si erano sottoposte alla vaccinazione alla chiamata ai 12 anni.
Il vaccino contro l’HPV non ha effetto terapeutico (non cura le infezioni in corso), ma la vaccinazione è ugualmente importante. Infatti, dopo essere entrati in contatto con l’HPV, il corpo non sviluppa una forte immunità naturale, ed è anche possibile reinfettarsi con lo stesso ceppo a distanza di tempo e, per questo, il vaccino, non più gratuitamente in questo caso, è a disposizione di qualsiasi donna sotto i 45 anni ne faccia liberamente richiesta.