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Tutto sul pavimento pelvico

2024-12-12 13:47

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Tutto sul pavimento pelvico

L’ipertonia e l’ipotonia del pavimento pelvico sono disfunzioni muscolari che possono dare origine a sintomi nella zona genito-urinaria-anale ad essa

L’ipertonia e l’ipotonia del pavimento pelvico sono disfunzioni muscolari che possono dare origine a sintomi nella zona genito-urinaria-anale ad essa funzionalmente correlati, con importanti ricadute negative sulla salute sessuale femminile.


I sintomi correlati alla disfunzione del pavimento pelvico sono stati descritti in letteratura dapprima da Messelink (2005), e ripresi successivamente da Haylen (2010) in un importante report redatto dalle due più autorevoli società scientifiche del settore (International Urogynecological Association, IUGA e International Continence Society, ICS) e così descritti:

  • sintomi relativi a incontinenza urinaria (compresa l’incontinenza coitale, definita come la “perdita involontaria di urina durante il coito”, sintomo può essere ulteriormente suddiviso in due possibili condizioni: al verificarsi della penetrazione e al verificarsi all’orgasmo;
  • sintomi della fase di riempimento vescicale;
  • sintomi sensitivi;
  • sintomi della fase di svuotamento;
  • sintomi del prolasso degli organi pelvici;
  • sintomi di disfunzione sessuale: dispareunia superficiale e profonda, penetrazione impossibile per ostruzione, lassità vaginale, altri sintomi (Basson 2004);
  • sintomi di disfunzione anorettale; anche per questo sintomo è stata identificata l’incontinenza coitale;
  • dolore al basso tratto urinario e/o altro dolore pelvico: dolore vescicale, dolore uretrale, dolore vulvare, dolore vaginale, dolore perineale, dolore pelvico, dolore pelvico ciclico (mestruale), nevralgia del pudendo, sindrome cronica del basso tratto urinario o altra sindrome del dolore pelvico (Graziottin, 2007,2014);
  • infezioni del basso tratto urinario, infezioni vulvovaginali, ricorrenti.

 

La riabilitazione del pavimento pelvico si colloca come una delle opzioni terapeutiche per i sintomi sopracitati. In alcuni  casi (es.: incontinenza urinaria), essa rappresenta il primo approccio terapeutico (Abrams 2010), e può essere sufficiente per guarire i sintomi presenti. In altre condizioni (sindromi dolorose, vulvodinia, disfunzioni sessuali caratterizzate da dolore), viene solitamente associata ad altre terapie come quella farmacologica e può richiedere l’intervento di un team multidisciplinare.

Sia in caso di pavimento pelvico ipotonico che ipertonico, la riabilitazione del pavimento pelvico rappresenta un approccio di tipo conservativo e ha l’obiettivo di ripristinare corretti parametri muscolari, ai fini di modificare la funzione alterata e restituire alla paziente la miglior qualità di vita possibile. In ogni caso la riabilitazione del pavimento pelvico va considerata all’interno di una condotta diagnostico-terapeutica di tipo multidisciplinare (Graziottin 2007), nella quale trova collocazione in qualità di terapia a ridotta invasività, con scarse controindicazioni e con limitati effetti collaterali.


La riabilitazione del pavimento pelvico si sviluppa all’interno di un processo di ragionamento clinico e alla luce del paradigma dell’evidence based practice, e prevede i seguenti momenti clinici: la formulazione della diagnosi, la valutazione funzionale, la pianificazione dell’intervento, l’intervento terapeutico, la valutazione dei risultati, l’evenuale invio alla chirurgia funzionale.

 

Importante quindi è un approccio specifico e multispecialistico alla donna che si presenta con disfunzione sessuale con ipertono  od ipotono del pavimento pelvico, e quindi:

  • Presa in carico da parte del professionista ginecologo della paziente con disfunzione sessuale
  • Formulazione della diagnosi, valutazione funzionale, pianificazione dell’intervento terapeutico
  • Collaborazione con team multidisciplinare: osteopata, fisioterapista, psicologo, sessuologo, specialista in ginecologia, specialista in urologia, specialista in chirurgia proctologica
  • Invio delle pazienti che necessitano di un'eventuale chirurgia all’unità operativa ospedaliera di riferimento

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